Pride Month: per molti ma non per tutti. Purtroppo!

Un brand deve prendere posizione su tutto? Non è necessario, ma su certi temi avrebbe MOLTO senso.
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Sta terminando il Pride Month, una ricorrenza che quest’anno – forse anche a causa delle limitazioni sugli eventi fisici – ha avuto grande eco Social. Anche i brand si sono esposti più che in passato a favore della libertà di genere.

Sono tantissimi i marchi che hanno scelto di ibridare il proprio logo con i colori della bandiera arcobaleno, simbolo del movimento LGBTQIA+. Un’attività, se vogliamo banale, ma che più di tante parole definisce il posizionamento di un marchio agli occhi dei propri follower. Alcuni brand come Amazon per il suo Prime Video o Deliveroo hanno addirittura deciso di giocare anche con lo stesso nome del brand per comunicare il messaggio ancora con più forza.

Focalizzando l’analisi sui vari settori ho notato però una differenziazione.
Mentre ambiti come:
– PHARMA (vedi Bayer, Novartis, Pfizer)
– MEDIA (vedi Freeda, La Stampa, XFactor, Crime Investigation)
– TECH e WEB (vedi Tripadvisor, LinkedIn, eBay, Lenovo, PlayStation)
– SERVIZI (vedi Bank of America, ManpowerGroup, Zurich Insurance Company Ltd, etc)
si sono schierati in modo esplicito, gran parte dei marchi più grandi dei settori FOOD, AUTOMOTIVE e MODA LUSSO, forse proprio quelli con un impatto più esteso sulla popolazione mondiale, che hanno preferito non dichiarare i propri valori e la propria posizione in merito alla questione.
Una menzione particolare la farei per lo SPORT. In questo caso più che in ogni altro varrebbe il concetto di portare l’elemento valoriale dell’uguaglianza tra i temi di comunicazione. È una delle cose che lo sport ci insegna. Da quello che ho visto il mondo è diviso. In Usa quasi tutte le leghe sportive hanno comunicato in tale direzione, Basket, Football, Baseball, Hokey e molte squadre di club hanno esplicitato la loro posizione con messaggi di solidarietà e apertura. In Europa e in Italia nello specifico la situazione è al limite del “tragico” a conferma che sia ancora lontana la libertà e l’uguaglianza di genere. In un contesto in cui quasi tutti hanno fatto finta di niente un plauso va a club più coraggiosi come il Cagliari Calcio che ha deciso di mostrare il suo pensiero a dispetto dei minorati (scusate la mancanza di diplomazia) che hanno subito commentato contro l’immagine di profilo con i colori arcobaleno.

Ma perché tanta poca unione sull’approccio alla questione? Una scelta di coerenza tematica rispetto ai temi trattati dalle singole pagine o una neutralità nata dalla volontà di non esporsi su un argomento che potrebbe presentare criticità nei confronti di una parte della propria audience?
Che sia una o l’altra motivazione credo ci sia, per tantissimi brand, ancora molta strada da fare. Occorre acquisire consapevolezza sia della necessità di un posizionamento definito e più allargato che in passato, sia del valore aggiunto di alcune “escursioni tematiche” fuori dal proprio terreno di pertinenza perchè sui social, in fondo, è di vita e relazione con il prossimo che parliamo ogni giorno.
