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Le aziende devono rispondere alle critiche sui Social?

Le aziende devono rispondere alle critiche sui Social?

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Si, quasi sempre. Dò subito la risposta al titolo di questo post perché così chi sta gestendo una pseudo-crisi social e non ha tempo trova il coraggio che stava cercando per agire.
Per tutti gli altri parto dall’introduzione: uno dei motivi per cui un utente social decide di interagire online con un marchio è, ahimè, per esporre critiche o lamentele.
Un servizio inefficiente, un prodotto difettoso, un’aspettativa tradita, persino uno spot che non incontra i propri gusti, etc.
Molto spesso i community manager per propria scelta o per scelta del cliente evitano di entrare in dibattito con questo tipo di utenza decidendo di non rispondere a commenti con tono negativo. “Ignoriamolo così non rischiamo di alzare polveroni”, si dice.
Qualche volta lo si fa per timore di incattivire l’utente che vede contraddetta la sua posizione. Anche solo per non perdere tempo. Altre volte perché è complesso affrontare alcune questioni in un botta e risposta sintetico su Facebook. Nella maggior parte dei casi perché davvero si teme che una risposta che scontenti qualcuno possa generare il cosiddetto effetto valanga in cui una piccola palla di neve rotolando verso valle tiri giù tutta la montagna e il giorno dopo il tg parlerà di noi e delle nostre malvagità aziendali.
Eppure quasi mai sarebbe così, quasi mai i social network, per quanto attivi e popolati possono portare alla distruzione dell’immagine di un marchio (state tranquilli non succederà neppure per IntesaSanpaolo dopo il video “io ci sto”). Questo ovviamente sempre a patto di non dire o fare “cazzate” gravi o di non volere a tutti i costi affermare verità facili da contraddire.
È chiaro che se, ad esempio, un utente commentasse su una pagina di un’azienda automotive: “non compro le vostre auto perché inquinano” e l’azienda stessa sa che i propri modelli hanno emissioni superiori alla media, sarebbe stupido gestire la relazione mentendo e affermando che non è vero. Viceversa se ci fossero elementi e motivazioni valide a spiegare un gap oltre che prospettive e piani per risolvere un problema evidenziato sarebbe un’azione dagli straordinari effetti quella di commentare ed entrare in rapporto diretto proprio con gli utenti più “cattivi” e con i detrattori più accaniti. Dall’altra parte ci sono sempre e solo persone, spesso anche male informate. Voi avete un’azienda piena di dati, motivazioni, esperienza e informazioni: usateli.
Allenatevi a essere convincenti, il social media marketing non serve ai prudenti. I prudenti non convincono e dunque non vendono più di quello che farebbero già anche senza una pagina Facebook.
Giusto per non restare solo sul filosofico ecco cosa emerge ad esempio da una ricerca di sprout social circa le reazioni degli utenti che ricevono risposta alle proprie lamentele online da parte di un brand.

Vincenzo Dell'Olio

Nei 20 anni di esperienza nel settore della comunicazione e del markerting digitale ha ideato e seguito le strategie di grandi Aziende come Volkswagen, Audi, Parmalat, Bonomelli, Rai, Monster, Sony Mobile, Vans, Red Bull. Dal 2015 è docente per il corso di Social Media e Web TV all’Università IULM di Milano. Dal 2021 insegna Digital Content Strategy allo IED. Scrive tanto, analizza di più, non è immune dalle serie tv. Sociologo, di base.