fbpx

Il tempo delle Internet PR

“Non abbiamo tempo per queste Internet PR”. Questa frase l’ho sentita ripetere almeno un milione di volte negli ultimi due anni.
Difficile rispondere in modo altrettanto lapidario a questa affermazione. Purtroppo, per comunicare l’importanza di questa attività ad aziende, istituzioni e organizzazzioni varie, occorre intraprendere un minimo percorso di educazione ai mezzi, alle attività e ai risultati generati da un certo tipo di approccio al canale internet. Dico purtroppo perchè il luogo comune che “il tempo è denaro” muoveva la maggior parte delle risposte dei manager con cui abbiamo avuto a che fare nel passato recente. Negli ultimi tempi però per tutta una serie di eventi le aziende si sono auto-educate a un approccio diverso. Non tutte. Molte però vengono da noi e ci chiedono di tirare fuori dai cassetti i progetti presentatigli 24 o 36 mesi prima e di metterci in pista nel giro di poche settimane.
Perchè questa sveglia brusca, perchè tanta fretta? I motivi sono diversi, uno dei principali è: “perchè i miei concorrenti hanno un blog, un profilo facebook e fanno girare su youtube filmati virali con migliaia di visualizzazzioni. Dobbiamo esserci anche noi”. Vero. Occorre esserci anche se non è l’inseguimento quello a cui un brand deve puntare. L’inseguimento porta per definizione a copiare le strategie dei competitor, la strada percorsa da loro e che parallelamente stanno percorrendo tutti gli altri che hanno adottato la stessa strategia di risposta.
Il risultato è la saturazione. L’ingolfamento di un canale, di un social-network o di un’area tematica in cui gli approcci risultano essere troppo simili tra loro e in cui più che la qualità è premiato l’investimento in SEO e SEM. Insomma: non generiamo più contatti e brand enthusiast ma solo traffico, inutile, anzi peggio: dannoso.
Cosa dovremmo fare allora di quei progetti rimasti nei cassetti per mesi? Niente. Anzi, toglierli dai cassetti e metterli sotto la gamba della scrivania per alzare di un gradino il nostro punto di vista.
Un gradino in più è necessario per entrare nel circuito con un’auto migliore, non con la stessa dei competitor che hanno già le ruote calde e sono in pista con 3 giri in più di noi.

Nessuna fretta allora. Non serve a nulla cambiare l’approccio dall’iniziale “non abiamo tempo per queste internet pr” a un “non abbiamo tempo da perdere per iniziare queste internet pr”. Dunque: stop! fermiamoci, osserviamo, prolunghiamo e investiamo nella fase di I LISTEN, di ascolto della rete e degli utenti. Studiamo per un periodo di tempo preliminare le evoluzioni di competitor e di attori internazionali, attiviamo un brainstorming globale su ogni singola sfumatura del progetto che seguirà. Meglio far ascoltare la propria voce 6 mesi dopo che esserci subito tanto per dovere di presenza. Chi ha fatto slittare nel tempo il proprio ingresso nel mondo dei social media ora non sbagli nuovamente “scontandosi” una fase determinante per entrarci subito. Il pericolo si chiama: Tarnish. Ve ne parlerò.

I Brand Enthusiast. Il Caso Vans

Se state leggendo queste righe all’interno del blog in cui sono state scritte è chiaro a tutti che l’autore è Vincenzo Dell’Olio ai più noto con l’originale contrazione “Vins”. Naturalmente la celebrazione della mia anagrafica è utile solo a collegarmi in maniera diretta ad un Brand per cui la mia agenzia cura l’ufficio stampa: Vans. Insomma l’assonanza è immediata e spesso anche i giochi di parole: Vins-Vans, Vins per Vans, Vins di Vans…. etc… etc.. Sarà per questa quasi omonimia o per puro gusto estetico che il marchio mi piace così tanto? Me lo chiedo spesso e di fatto credo che siano concause. Quello che è certo è che di rado durante la mia esperienza professionale mi è capitato di entrare in contatto con un universo culturale di persone vicine al marchio così fortemente connotate (o contaminate) dai valori del marchio stesso. In questo caso parliamo di Street Style a 36o°, molto di più di una cultura estetica o ristretta all’abbigliamento, l’area di mercato in cui si muove il marchio, ma di un vero e proprio stile di vita, fatto di abitudini, sport, frequentazioni, gergo e persino link con altri specifici brand immediatamente associati a questo.
E’ in poche parole quello che il sociologo francese Michel Maffesoli identifica come Tribalismo della società Post Moderna (leggete il Tempo delle Tribù, ndr.). All’interno di questo universo è facile e opportuno, nel caso Vans più che in ogni altro, ritrovare e valorizzare il contributo dei cosiddetti Brand Enthusiast: atleti, artisti, professionisti della comunicazione, Vip e semplici consumatori. I migliori spot e attualmente il contributo più efficace al successo di un’azione di comunicazione.
Nel video seguete, oltre al gioco di parole richiamato da un mio collega di lavoro (grazie Fra) e all’altrettanto “poco illuminata” contro-battuta fatta da me (che di solito sono una persona seria), un esempio di questo Street Style di cui parlo e del clima creato dagli Enthusiast.
Interessante sul tema un vecchio, ma ancora attuale, post che ho ritrovato sul blog Social media explorer intitolato: “How to buid a community of Brand Enthusiast“. Nel caso di Vans per molti versi questi passaggi sono già stati fatti ma per la stragrande maggioranza dei marchi si tratta di una paziente costruzione ancora tutta da compiere e molto spesso da comprendere meglio un passo per volta.