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[#Hashtag] Boom social e confronto generazionale su Twitter. Il caso Justin Bieber

Justin Bieber, prima o poi dovevo analizzarlo. A prescindere dalle preferenze musicali di ognuno che lo si voglia o no è una Social Born Star.

La sua pagina Facebook con oltre 43 milioni di fan è la 14a pagina Facebook con il maggior numero di fan a livello mondiale (6a se restringiamo la gara al solo mondo musicale). Per darvi un’idea dei tassi di crescita di un fenomeno social del genere, solo oggi ci sono stati 38 mila fan in più. Chi fa il mio lavoro sa quanta fatica creativa, relazionale e investimento pubblicitario occorre fare per raggiungere un numero simile e la maggior parte delle volte quello che in questo caso avviene in un giorno soltanto per i nostri clienti (aziende medie e grandi) in media è un obiettivo semestrale.
Su You Tube ha due canali ufficiali (evidentemente uno era troppo poco): un canale ha 1 milione e 488 mila iscritti e un totale di 419 milioni di visualizzazioni. L’altro, ha altrettanti iscritti e qualcosa come un’inimmaginabile cifra di 2 miliardi e 500 milioni di visualizzazioni.
Il suo video più visto arriva a quota 740 milioni di views (nella top 20 di sempre di You Tube), un video condiviso oltre 15 milioni e mezzo di volte su facebook e integrato in 9 mila e 400 post all’interno di vari blog (fonte: Viral Video Chart). 
E questa star nativa del web ha già da qualche anno fan altrettanto nativi digitali. Un esercito composto quasi totalmente da ragazzini (ragazzine). AdPlanner stima che almeno il 50% dei visitatori del sito di presentazione del suo ultimo album hanno meno di 24 anni e addirittura il 100% dei navigatori del sito che raccoglie i suoi fan è sotto i 18. Una generazione che ha imparato ad usare i social network praticamente insieme all’utilizzo della parola.
Ed ecco che il boom sbarca anche su Twitter, una piattaforma che da qualche mese viene identificata come matura per il mercato di massa italiano ma comunque riservata a un pubblico di età e status sociale medio alto.
Tutt’altro se a 2 ore dalla pubblicazione del suo twit di maldestro e banale saluto all’Italia questo è stato condiviso 18.400 volte e al primo e al secondo posto dei trend twitter appaiono hashtag dedicati a lui.


Mentre fuori dal portone di casa mia (abito di fronte l’Alcatraz, il locale Milanese che lo ospita nel pomeriggio) si consumavano le urla di flotte di ragazzine, il delirio si è diffuso anche online:
team jellen. ‏@myidolisbiebs magari non l’ho visto, vorrei solo che @justinbieber sapesse quanto lo amo e che mi dispiace non essere lì. ma non mi noterà mai su twitter.
godmez. ‏@xmamacitaswag sto piangendo,non posso credere che sei a pochi kilometri da me@justinbieber .
aai tuuuns :3 ‏@imjustmeMar non chiedo tanto ho solo bisogno di un suo abbraccio @justinbieberti giuro,io saro’ li la prossima volta fosse l’ultima cosa che faccio
Assolutismi e deliri che arrivano fino alle verità universali come queste:
bieber as happiness. ‏@belieberendless La cosa triste e che ALCUNE persone non si rendono conto di quanto siano state fortunate oggi nel vedere @justinbieber
Ma ecco emergere anche il contrasto generazionale con il sarcasmo di adulti e genitori valicare le mura di casa ed estendersi sul web:
Riccardo Scandellari ‏@skande Massima solidarietà alle popolazioni milanesi martoriate dall’arrivo del Papa e ora pure da @justinbieber a San Siro

piero pompili ‏@pieropompili da voglio sposare Simon Lebon a voglio sposare @justinbieber si stava meglio quando si stava peggio

Francesco Dipo ‏@Dipoweb Hola gente! Chi mi aiuta a scegliere un lanciafiamme da comprare per stasera? #justinBieber
Stasera che sia dal vivo o sul web non vivrò né il fenomeno mediatico Canadese né quello che ho chiamato il concerto del Papa che dopo San Siro è diretto a Campovolo (manco Ligabue). Il mio
unico Hashtag depurativo sarà #pizzaaipeperoni.

[Infographic] Facebook vs Google: Display Advertising a confronto

Riporto quasi alla lettera un’analisi interessante di Wordstream che compara i due più grandi network online di Display Advertising: Google Display Network e Facebook.

Dall’analisi risulta evidente che GDN fornisca agli inserzionisti un valore significativamente maggiore rispetto a quello dell’ADV Facebook. Il socialnetwork più grande del mondo, infatti, nonostante i grandi investimenti nel miglioramento della propria piattaforma in termini di funzionalità, template e user experience non ha fatto evolvere in modo altrettanto significativo il canale advertising.
5 i parametri analizzati: il pubblico raggiunto, i ricavi e la crescita, le performance, le possibilità di targettizazione e i formati.
Sul primo, la portata, c’è da dire che da una parte Google vanta un potenziale pubblico raggiungibile pari al 91% degli utenti online (vs 51% di FB), dall’altra, Facebook vanta un maggior numero di pagine viste per mese: 1.000 Miliardi (contro 180 miliardi di Google).
In sostanza seppur meno persone utilizzino Facebook rispetto alla rete Google lo facciano per più tempo. Difficile scegliere dunque un vincitore in questa categoria.
Per quanto riguarda revenue e tassi di crescita Facebook cresce molto ma non tiene il passo con la crescita della sua base utenti. Un punto in più dunque per Google che nel primo trimestre 2012 fa segnare revenue pari a 2,9 miliardi di dollari.
Passiamo alle performance. Le Facebook Ads registrano un click-through rate (CTR) molto basso (0,05%) appena la metà della media del settore per banner pubblicitari e ben dici volte più bassa del CTR medio del Google Display Network (0,4%) (negli Stati Uniti). 
Le ragioni, e andiamo ai parametri successivi, possono essere legate ai formati e alle opzioni di targeting che aiutano a dare rilevanza da una parte e pertinenza dalll’altra all’annuncio stesso. 
I vantaggi di Google su FB appaiono chiari già nel sistema di reportistica. Maggiori i dettagli misurabili e settabili per ottimizzare l’annuncio di Big G rispetto a quello Facebook. Ma non è detto che sia solo questo. Un’altra spiegazione potrebbe essere semplicemente insita nella tipologia di utente, ovvero gli quelli che navigano all’interno di un social network sono meno sensibili ai banner rispetto a quelli (o a loro stessi) che navigano all’interno di altri siti web. 
I gap Facebook per quanto riguarda il targeting sono relativi all’impossibilità di: veicolare annunci via mobile (un buco enorme, soprattutto considerando l’uso crescente del web da mobile), effettuare retargeting (o remarketing), assenza di una rete di siti partner, impossibilità di customizzare annunci per parole chiave (simile la customizzazione per temi ma non è la stessa cosa) o di utilizzare le opzioni di targeting contestuale per gli annunci display. Buchi enormi considerando che Google fornisce ciascuna di queste opzioni.
Passiamo infine ai formati. Facebook ha solo due opzioni: gli annunci standard composti da testo più un’immagine e le sponsored story. Innumerevoli invece le possibilità offerte da Google Ad Network: annunci di testo, annunci illustrati, annunci  flash-based illustrati, annunci video, annunci in formato web mobile e all’interno di giochi. 
In conclusione, Facebook offre agli inserzionisti un valore pubblicitario inferiore a quanto offerto nella Rete Display di Google, anche e forse sopratutto per quesito quest’ultimo registra entrate tre volte superiori a quelle Facebook e sta di conseguenza crescendo più rapidamente.

[#terremoto] 2 Giugno e Groupalia: La deriva demagogica dei Social Network

Mi spiace dover scrivere nuovamente per un motivo doloroso che ha poco a che fare con quello di cui parlo in questo blog.
Stamattina a vibrare per la sveglia non è stato il cellulare come di consueto ma nuovamente tutta la stanza. Il terremoto. Di nuovo. A pochissimi giorni di distanza quando ancora non si era finito di contare i danni delle prime scosse eccone un’altro sciame sismico, potentissimo. Morti, feriti, crolli.
In mezzo a tutte queste faccende seguo sprazzi di conversazioni in TV, radio e Internet.
Su Facebook e Twitter, mi colpiscono due mobilitazioni. Una è quella di chi suggerisce di spendere i soldi della prevista parata del 2 giugno per aiutare le popolazioni terremotate. L’altra è quella degli scandalizzati per un Tweet di Groupalia (accompagnato da altri di aziende meno note) che propone un viaggio low cost a Santo Domingo per fuggire dalla paura del terremoto.

A primo sguardo, sia la mobilitazione contro lo sperpero di soldi del 2 giugno che contro un marketing becero come quello che a distanza di pochi minuti fa leva o ironizza su una tragedia sembrano lodevoli.

Qualcuno fa subito riferimento al potere della rete. Alla presa di coscienza di massa che nasce dal passaparola online.

Io, forse perchè mi ostino a non fermarmi al primo sguardo, vedo qualcosa che definisco “Deriva demagogica dei Social Network”.

Mi spiego. E’ evidente che al 29 Maggio gran parte dei soldi destinati per l’organizzazione della parata del 2 Giugno siano già stati spesi. Chiunque abbia organizzato un evento conosce il concetto di caparra, anticipo, clausola rescissoria, etc… Ad ogni modo quei soldi non basterebbero che a una parte infinitamente piccola rispetto a quanto necessario per rimettere in piedi le zone colpite. Possibile che non ci sia qualcuno che prova a informarsi prima di travestirsi da ministro dell’interno o da presidente della repubblica e generare randomicamente soluzioni? Intanto che me lo chiedo l’hashtag #no2giugno è al secondo posto tra i trend Twitter proprio dietro #terremoto
Caso Groupalia, dopo poche ore dalla messa online del Tweet dello scandalo l’azienda si è prima scusata e poi, attraverso la voce del Country Manager Andrea Gualtieri, ha comunicato la decisione di devolvere un euro per ogni vendita effettuata nella giornata di oggi. 

Evidentemente alla “rete” questo non basta e non solo non è disposta a perdonare il gesto attribuito all’inesperienza di un giovane dipendente ma ci va giù duro anche nei commenti successivi alle scuse. “Iene”, “sciacalli”, “merde”, “imbecilli”, “penoso”, “infamia” … queste sono solo alcune delle parole utilizzate dagli utenti che hanno commentato il tentativo di redenzione dell’azienda. Gli addetti ai lavori invece fanno analisi tecniche: “probabilmente l’azienda non conosce le regole del social media marketing”, “non inserite hashtag #Groupalia ma #GroupaliaFAIL”… etc. etc..
A ognuno la sua porzione di “leone vecchio”. Esatto, perchè mi ricorda un documentario in cui i classici ruoli Predaotre-preda si ribaltano e una mandria di bufali uccide e divora un leone claudicante e denutrito. E’ quello che accade ora.

Nel gioco del tutti contro uno i social network diventano un’arena in cui ognuno può dire la sua e se è uguale a quella di molti altri acquista forza e credibilità. Massa e potere, diceva Elias Canetti. E come in tutti i casi di crisi ecco emergere la figura del capro espiatorio, quello che deve pagarla per tutti a prescindere dal ruolo che egli abbia nelle vicende.

Siamo tutti disperati per un fatto simile, per un avvenimento che ci colpisce da vicino (e a molti in prima persona) ma una gran parte di persone non si focalizza sulle informazioni, sugli aiuti, sull’analisi dei fatti e delle situazioni ma sposa la ben più irrazionale e istintiva sete di giustizia.

Scandalizzarsi e twittiare contro la parata del 2 Giugno o contro uno scivolone di buon gusto ed etica di chi cerca di cavalcare un trend di conversazione online non è sbagliato. Assolutamente. E’ invece indecente che le stesse persone non riescano ad elevare il proprio grado di coscienza critica twittando e protestando altrettanto rabbiosamente per sprechi ben più gravi e sistemici da parte dello stato (rispetto alla parata del 2 Giugno) o per sciacallaggi molto peggiori e deprecabili come quelli di Balducci, Anemone, Piscicelli, e compagnia nella vicenda de L’Aquila.

Il potere della rete esiste ma anche un gran senso di superficialità nel come viene utilizzato. 140 caratteri, un hashtag “#”, un’emozione più forte delle altre e parte la fiammata. Il problema è che da quello che vedo e provo ad analizzare praticamente dopo una settimana quello che resta sono soltanto macerie. In tutti i sensi. Solo sconfitti.

[#terremoto] Live from Pinterest

Sempre in tema Terremoto in Emilia…  anche se non c’è un’invasione assurda di post come per Twitter anche su Pinterest, per la prima volta in Italia, gli utenti sembrano condividere le informazioni (in questo caso visual) a loro disposizione con gli altri utenti della rete.

Per quanto sarebbe stato di gran lunga preferibile evitare di analizzare questo trend è inevitabile considerare quanto l’informazione stia iniziando finalmente a cambiare anche in Italia grazie ai social network. In ritardo rispetto a molti altri paesi ma vuol dire che iniziamo a sfruttare le potenzialità della rete.

Qui le immagini aggiornate degli utenti Pinterest.

[#terremoto] Live from Twitter

Eccolo, il momento che aspettavo per vedere se anche gli utenti italiani sono pronti al live twitting degli eventi.

Qualche minuto fa una scossa di terremoto in piena notte. Sono le 4 quando il soppalco mi si muove sulla testa. “Dio non farlo cascare”. Lassù qualcuno ascolta.
Passato il momento in cui si riscopre la fede torno con i piedi per terra e cerco di capire cosa è successo. Niente in tv e sui media.
Su Twitter il finimondo… Scopro che a Venezia, Firenze, Padova, Bologna… Hanno ballato come me. La rete è sveglia e lucida.

Cliccate per seguire i tweet live.

agiornamento del giorno dopoOvviamente, dopo aver appreso i dettagli sulla cronaca avrei di gran lunga preferito un’altra occasione per un test sulle abitudini degli utenti online. Chiarimento scontato ma doveroso.