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[HOW TO] Come costruire un'iniziativa Virale? (Appunti, prima parte)

Negli ultimi giorni sto lavorando a un progetto di co-creazione che ha come obiettivo la generazione di un elaborato di tipo Viral (non dico di che tipo semplicemente perché ancora non è stato deciso…).
Concettualmente molti “esperti” dell’argomento mi fermerebbero già a questa terza riga spiegando che la viralità è più una speranza o una coincidenza che un’obiettivo da decidere a tavolino. Vero ma non del tutto.
Come spesso accede con i temi da approfondire basta fare una ricerca su Google (in inglese o in italiano) per imbattersi nelle più svariate ricette per conferire effetti Virali alle vostre creazioni.

Qualche esempio (per quelli che amano la bibliografia):

Moltissimi però chiariscono che le vere case history in quest’ambito arrivano da creazioni (video, immagini, notizie) quasi mai con un’intento davvero Virale.

Chi avrebbe mai pensato che un filmato come quello delle civette, Lovely Owl, avrebbe registrato più di 10 milioni di view in 4 mesi (7 nelle prime 4 settimane)? Per primo lo dichiara, Giuseppe Arnone, il creatore del video.

Ma allora se sei un brand devi rassegnarti all’impossibilità connotare in modo virale le tue iniziative di comunicazione? No, assolutamente. Ma per prima cosa, più di ogni altra regola devi prendere coscienza in modo esatto dei concetti di “disruptive”, “out of the box” o di qualunque altro termine anglosassone vogliate usare per dire: non convenzionale. In sostanza occorre andare fuori dalle regole: OSARE.
Che bella parola eh? Ogni Direttore Marketing si esalta quando si arriva a questo punto del discorso, poi davanti al draft della proposta creativa iniziano a fioccare i compromessi e i vincoli a cui sottostare e per quanti soldi di Seeding si possa voler spendere la viralità in quanto tale va a farsi benedire.

Nel prossimo post vi elencherò i 10 principali ostacoli che ogni azienda deve superare se vuole avere un prodotto Viral. Sono i primi elementi da discutere internamente altrimenti l’attività creativa che si avvia da quel momento in poi rischia di essere un mero esercizio di estro da conservare poi tra i propri migliori progetti mai realizzati.


[TREND] Alfa Romeo sposa lo stile degli UGC girando lo spot con l'iPhone

Due giorni fa, commentando i dati di una giornata tipo su internet, riflettevo sull’incredibile mole di materiali multimediali di cui ogni utente fruisce in modo frammentatissimo da varie fonti.

Questo mi ha portato a pensare che la comunicazione dei brand punterà sempre più verso la diversificazione e la frequenza del contenuto che verso la qualità e l’effetto speciale. Dai video viral di You Tube, ai Pin di Pinterest, dagli status Facebook ai cinguettii di Twitter tutto è fruito dal pubblico in mini-slot di pochi secondi. Tutto diventa vecchio prima che il gallo canti 3 volte (forse una). Vale la pena dunque spendere centinaia di migliaia di euro ad esempio per uno spot che verrà visualizzato nell’arco di una settimana da qualche decina di migliaia di utenti online e poi cadrà nell’oblio? La qualità dunque è ancora il tratto distintivo di un prodotto di alta gamma?

Una risposta, sebbene parziale, arriva da produzioni low cost (almeno dal punto di vista stilistico) come questa dello spot di Alfa Giulietta girato interamente con dispositivi iPhone. Guardare questo video è come guardare uno dei tanti video UGC postati su You Tube o Facebook da amici e parenti. Paradossalmente diminuendo la qualità sembra aumentare il grado di realismo a cui associamo immagini di questo tipo. Così uno spot di per sè mediamente originale sembra attrarre più di prima grazie a uno stile che ci è familiare.
Questo non significa che tutti gli iPhone addicted siano paragonabili a cameramen professionisti e che gli spot di domani saranno girati in questo modo. Sicuramente, oggi più di prima le scelte di come spendere il budget digital tengono molto più presente: ciclo di vita, stile del pubblico e abitudini quotidiane del mondo online.

[DATI] Pinterest in Italia. Voci discordanti

Come sanno gli affezionati di questo blog, ammesso che ce ne siano, ultimamente mi sono fatto portare dal vento di Pinterest che sembra soffiare verso strategie mirabolanti e promesse di un nuovo marketing. Le prime considerazioni le trovare sul post di qualche giorno fa.
Come mi ero ripromesso e prima di chiedere ai
clienti investimenti di qualche migliaia di euro ero curioso di vedere i dati nazionali del nuovo social network.
Premesso che ancora non ne ho trovati di ufficiali qualcosa in rete è presente.
Di sicuro c’è che il tasso di crescita di utenti italiani che accedono al sito di Pinterest sia cresciuto del 794% nel giro di 8 mesi.
Questo il grafico sull’andamento nazionale confrontato con quello di GranBretagna, Francia, Germania e Spagna mostra come nonostante quello che si stia “pompando” siamo il paese con numero di utenti mensili minore tra i principali europei. A gennaio sembrano essere 35 mila (fonte comScore).
Ma i dati, si sa, sopratutto se non ufficiali vanno sempre presi con le pinze. Provando a incrociarli con le stime di AdPlanner di Google c’è subito una netta differenza.
Google infatti parla di un numero nazionale molto più alto che arriva a 240 mila unique users. Chi avrà ragione?

Anche nella più rosea delle alternative non si può comunque ancora parlare di fenomeno di massa seppure sia innegabile una crescita da brividi che suggerisce di monitorare la situazione.

Un fattore curioso e che mi ha colpito subito nelle analisi dei dati e che avvalora la mia cautela nel dare per scontati i primi dati che ci capitano sott’oc
chio riguarda la ripartizione degli utenti tra uomini e donne. Mentre è stato fatto notare da molti come si possa definire il socialnetwork generalista più femminile di tutt
i essendo le
donne tra il 68% e il 74% del totale (secondo altre stime si arriverebbe addirittura all’89%) sempre AdPlanner mostra un ribaltamento delle percentuali quando si considerano il totale degli utenti mondiali (o quegli USA che sfalsano molto la media) e quando si restringe il campo alla nostra nazione.
Ecco le proporzioni:
Worldwide
Usa
Italia
Attenzione quindi a proporre ad esempio a un brand di moda donna che vuole promuoversi in Italia una strategia in cui il contributo di Pinterest sia importante. Si rischia di perdere tempo e soldi ottenendo bassi ritorni.
Chiudo questo post con un’indicazione che va apparentemente in controtendenza con quanto detto fino ad ora. E’ vero che sono convinto che Pinterest non sia ancora maturo per entrare a far parte delle strategie di Social Media Marketing di un brand ma sicuramente i dati che riguardano gli interessi e le attività dei suoi utenti costituiscono una base importante per studiare strategie da esplodere poi su altre piattaforme. Al momento vedo in questo social network un grande specchio dei trend da sposare per andare incontro al (p)Interest dell’utente.