Spesso, durante i brainstorming, proviamo a inventarci un modo divertente e creativo per utilizzare le informazioni degli utenti Facebook all’interno di un’applicazione. Diverse nel corso degli anni le best practice che hanno prodotto effetto virale grazie forse anche alla volontà dei marchi di non apparire in modo insistente all’interno dei contenuti prodotti. Ne ho selezionate tre, più e meno recenti, molto carine e ispiranti.
La prima è quella di Bouygues Telecom, operatore telefonico francese che trasforma in un vero e proprio album cartaceo dei ricordi il profilo facebook degli utenti.
La seconda, tramite il Facebook connect, preleva viste del profilo, status e foto integrandole in un filmato horror in cui uno psicopatico sceglie l’utente connesso come suo prossimo obiettivo. Da provare collegandosi al sito My Take this Lollipop anche se l’effetto paura arriva ricevendo il link e con l’effetto sorpresa di trovarsi protagonisti del filmato. Chiedere agli oltre 13 milioni e 500 mila utenti che hanno provato l’app.
L’ultima iniziativa fa diventare 3D l’esperienza del nostro profilo tramutando ogni informazione in un pezzo di museo in cui la mostra ha come protagonisti noi stessi. Intel inside… e anche in questo caso potete collaudarlo collegandovi al sito the Museum of me
Magari quest’ultima è di buon auspicio e anche la vostra creatività prima o poi finirà consacrata come un’opera d’arte. Credeteci!
Oggi riflettevo su quanto, analizzando diverse iniziative di marketing, emerga la tendenza crescente al pay per share come modalità per collegare marketing fisico e marketing digitale. Ci tengo a distinguere questo termine, ancora poco utilizzato, con il Pay per Post, termine usato spesso per descrivere modalità di finanziamento dei blogger. Il concetto generale è molto semplice: premio il singolo utente istantaneamente se genera passaparola sul mio brand o il mio prodotto.
Due le modalità di premiazione su cui viaggiano i vari progetti realizzati fino ad oggi:
La prima è quella legata alla semplice condivisione di un contenuto su uno o più dei propri canali social. Basta la condivisione e ricevi un benefit.
La seconda, con un criterio più di tipo lead, premia in base all’effettivo potere di engagement che la condivisione ha verso il network di contatti dell’utente coinvolto. Devi portarmi nuovi fan, clic, clienti altrimenti niente benefit.
In questo post condividerò case history e riflessioni sulla prima delle due, quella che richiede uno sforzo minore all’utente e premia in maniera indifferenziata. Tra le tante iniziative basate su questa dinamica un esempio recente è legato a BOS (marchio di un Tè freddo) che ha lanciato un distributore automatico alimentato a Tweet. Basta citare il marchio con un “@bos” e inserire l’hastag “#BOSTWEET4T” e il distributore eroga un campione gratuito di Ice Tea BOS.
Iniziativa identica, presentata al Dublin Web Summmit dell’ottobre scorso, fu lanciata in Irlanda con il “Tweet Cafè” di ESB Elecric Ireland.
Su questa linea la prima modalità a essere stata interpretata a loro modo da vari brand era stata quella della scontistica riservata agli amanti del check-in esplosa in concomitanza del lancio di Facebook Places ma poi dimenticata da brand e sopratutto utenti. Lo scorso anno Fourquare, attraverso una partnership con America Express, aveva provato a rendere più discreta l’erogazione dello sconto legato al Check In. Senza la necessità di mostrare il proprio smartphone con il check-in a commessi e cassieri vari per ottenere sconti sarebbe stato possibile allineare la propria carta di credito e il proprio profilo foursquare in modo da vedersi riaccreditare l’importo dello sconto subito dopo l’acquisto del prodotto. Chiaramente tutto a seguito del check-in (ne aveva parlato nel suo blog Pietro Pastorelli). Un mese fa l’iniziativa è sbarcata in UK ma non si conoscono i piani di diffusione al resto dell’Europa, ammesso che ci siano. La sensazione è comunque che la dinamica dello sconto legato all’azione della geolocalizzazione ancora non abbia preso piede. Un anno fa il fallimento di Facebook Deals testimoniò il primo grande flop di questa modalità. Ma i marketer non demordono.
Per ora io mi pongo una serie di domande sperando di riuscire a dare qualche risposta nei prossimi post: è possibile che questo tipo di collegamenti tra il mondo fisico e quello social virtuale incentivati da meccanismi di premi e scontistiche entrino a far parte delle abitudini dei consumatori? Bisogna considerarle solo un buon modo per girare filmati viral da parte delle creative agenzie di Marketing e comunicazione? Cosa è stato sbagliato fino ad oggi, quali elementi non stiamo valutando?
Ecco finalmente un’infografica utile a cambiarci la vita. Per i fanatici del Sushi, ecco il bignami della felicità. Per gli altri… “che brutta vita vi siete scelti”.